Sai quella sensazione quando apri una vecchia scatola in soffitta e trovi un tesoro che non sapevi di possedere? Ecco esattamente cosa prova chiunque metta piede a Risan per la prima volta. Questa piccola città montenegrina, adagiata come un gatto al sole sulle rive della Baia di Kotor, custodisce alcuni dei segreti archeologici più straordinari d’Europa – e il bello è che praticamente nessuno lo sa.
Immagina di camminare su mosaici romani perfettamente conservati del III secolo, di toccare con mano (beh, quasi) gli affreschi che decoravano le ville dei patrizi mentre l’Impero Romano dominava questi luoghi. La Villa Romana di Risan non è solo un sito archeologico: è una macchina del tempo che funziona davvero. E poi ci sono le chiese di San Pietro e San Teodoro, dove l’arte bizantina si mescola alla spiritualità in un cocktail che ti fa girare la testa – nel senso buono, ovviamente.
Ma Risan non vive solo di passato. Dalla Torre dell’Orologio godrai di panorami che renderebbero geloso qualsiasi fotografo di National Geographic, mentre il Palazzo Grgurin ti racconterà storie di nobili montenegrini tra giardini barocchi. E quando avrai bisogno di una pausa? La Spiaggia di Risan ti aspetta con le sue acque cristalline, a due passi da Perast – la “piccola Venezia” delle Bocche di Cattaro – e dalla storica Stazione di Njegusi.
In questa guida ti svelerò tutti i trucchi per visitare queste meraviglie: orari segreti per evitare le folle, biglietti scontati, e quelle piccole informazioni pratiche che fanno la differenza tra un viaggio normale e un’avventura indimenticabile.
Villa romana di Risan: tesori archeologici del III secolo
Ora, devo confessare una cosa: quando ho sentito parlare per la prima volta della Villa Romana di Risan, ho pensato “Ah, sì, un altro mucchietto di pietre con un cartello sbiadito”. Mai stato così felice di sbagliarmi. Questa villa non è solo un sito archeologico – è praticamente Pompei senza le folle di turisti e con una vista sulla Baia di Kotor che ti fa dimenticare di essere in Montenegro e non in qualche resort di lusso dell’antichità.
La cosa straordinaria è che questo gioiello del II-III secolo d.C. sia rimasto nascosto sotto terra fino al 1902, quando qualcuno con molta fortuna e un piccone ha fatto la scoperta archeologica del secolo. Pensate: per oltre mille anni, la gente di Risan ha camminato sopra uno dei migliori esempi di architettura romana nei Balcani senza saperlo. È come avere la Gioconda appesa in cantina e usarla come sottopentola.
Cosa vedere tra mosaici e affreschi
I mosaici romani di questa villa sono, e non esagero, da togliere il fiato. Non parliamo di quei mosaici geometrici che sembrano le piastrelle del bagno di tua nonna, ma di vere e proprie opere d’arte che raccontano storie. Nelle stanze sotterranee – e qui viene la parte divertente – ti ritrovi faccia a faccia con scene mitologiche dedicate a Nettuno e Poseidone. Evidentemente, anche duemila anni fa, se avevi una villa sul mare, dovevi dimostrare il tuo rispetto per le divinità marine. Un po’ come mettere oggi un’ancora decorativa in salotto, ma con più stile.
Gli affreschi originali sono conservati così bene che ti chiedi se i pittori romani non avessero qualche trucco segreto che noi abbiamo dimenticato. Le scene di caccia, danze e mitologia romana ti guardano dalle pareti con colori ancora vividi – un rosso pompeiano che farebbe invidia a qualsiasi designer d’interni contemporaneo.
Ma la cosa che mi ha colpito di più sono i resti delle terme. Sì, avete capito bene: questi antichi romani di Dalmazia avevano già capito che dopo una lunga giornata di amministrazione dell’Impero, non c’era niente di meglio di un bagno caldo con vista mare. Le fontane e i giardini all’italiana completano il quadro di quello che doveva essere il paradiso terrestre per un patrizio dell’epoca.
Il bello è che questo non era nemmeno un caso isolato. La villa testimonia la prosperità che gli Illiri prima e i Romani poi avevano costruito in questa zona strategica. Dioclea, l’antica città romana di cui Risan faceva parte, era un centro commerciale e amministrativo di primo piano, una specie di Miami dell’Impero Romano, se vogliamo.
Consigli pratici: biglietti, orari e accessibilità
Parliamo di cose pratiche, perché la storia è bella, ma sapere quando andare e quanto spendere è ancora più bello. I biglietti per la Villa Romana Risan costano €3 per gli adulti – meno di un caffè al bar dell’aeroporto – e €1,50 per i bambini. Se viaggiate in famiglia, c’è il biglietto famiglia a €7 che copre due adulti e fino a tre bambini. Francamente, per quello che vedete, è praticamente gratis.
Gli orari di apertura della Villa Romana cambiano con le stagioni, come è giusto che sia in un paese che ha capito il valore del ritmo naturale. In estate (aprile-ottobre) è aperta dalle 9:00 alle 19:00 tutti i giorni, mentre in inverno (novembre-marzo) chiude prima, alle 15:00, ed è chiusa il lunedì. Consiglio personale: andate al mattino presto o nel tardo pomeriggio. Non solo eviterete il caldo e le (poche) folle, ma la luce è migliore per le foto.
Per quanto riguarda l’accessibilità, la villa è parzialmente accessibile ai disabili. Le aree principali sono raggiungibili tramite rampe, anche se alcune sezioni sotterranee – proprio quelle con i mosaici più belli, naturalmente – non sono accessibili in carrozzina. Ma non disperate: dall’area principale si riesce comunque a vedere buona parte dei tesori.
Il parcheggio è gratuito e si trova a 50 metri dall’ingresso. In Montenegro, scoprirete presto, il parcheggio gratuito è una specie di miracolo quotidiano che non dovete mai dare per scontato.
Le visite guidate in italiano sono disponibili su prenotazione per €10 aggiuntivi, e ve le consiglio caldamente. Le guide locali hanno quel tipo di conoscenza che non troverete in nessuna Lonely Planet: sanno quale imperatore preferiva quale tipo di vino e perché quel particolare mosaico rappresenta la vittoria sui pirati adriatici.
Durata della visita: calcolate 45-60 minuti se volete vedere tutto con calma. E se viaggiate con bambini, portateli pure: i piccoli adorano esplorare le “case sotterranee” e immaginare come vivevano i giovani romani. C’è qualcosa di magico nel vedere un bambino di otto anni che cerca di decifrare scene mitologiche con la stessa serietà di un professore universitario.
Chiesa di San Pietro, un capolavoro dell’arte bizantina
C’è qualcosa di profondamente rassicurante nel salire verso la Chiesa di San Pietro. Forse è il modo in cui si erge sulla collina, come se fosse sempre stata lì ad aspettare pazientemente che qualcuno si accorgesse della sua esistenza. O forse è il fatto che, dopo mille anni, continua a fare esattamente quello per cui è stata costruita: accogliere anime in cerca di pace e, nel mio caso, turisti in cerca di Wi-Fi per postare foto su Instagram.
La cosa buffa è che questa chiesa del IX secolo ha attraversato più imperi di quanto io abbia attraversato diete. Ha visto passare Bizantini, Veneziani, Austriaci, Jugoslavi, e ora noi turisti moderni con le nostre macchine fotografiche digitali, eppure mantiene quella serenità che ti fa pensare che forse, dopotutto, alcune cose non cambiano mai davvero.
La vista dalla Chiesa di San Pietro sulla Baia di Kotor è una di quelle che ti fanno capire perché la gente del Medioevo credeva che Dio vivesse lassù in cielo. Da quassù, il mondo sembra effettivamente un posto progettato da qualcuno con un ottimo senso estetico e una passione per le simmetrie naturali.
Architettura romanica e affreschi del XIV secolo
Ora, io non sono un esperto di architettura religiosa – riesco a malapena a distinguere un arco gotico da un arco trionfale – ma anche a me è evidente che questa chiesa è qualcosa di speciale. L’architettura romanica si fonde con elementi bizantini in modo così naturale che ti chiedi se gli architetti medievali non avessero qualche manuale segreto su “Come far convivere stili diversi senza sembrare un centro commerciale moderno”.
Gli affreschi bizantini del XIV secolo sono la vera star dello spettacolo. E quando dico “star”, intendo nel senso più letterale: questi dipinti murali hanno una qualità cinematografica che renderebbe geloso Steven Spielberg. Le scene bibliche sembrano prendere vita sotto gli occhi, e non è solo per l’effetto delle candele tremolanti. C’è una tecnica, una profondità nei colori che ti fa capire perché l’arte bizantina dominava il mondo medievale come oggi domina Netflix.
Le icone conservate all’interno sono, per usare un termine tecnico che ho imparato da mia nonna, “una meraviglia”. Queste piccole finestre sul divino sono dipinte secondo una tradizione che risale direttamente al Patriarcato di Costantinopoli, il che significa che stai guardando tecniche artistiche che sono rimaste immutate per secoli. È come trovare un iPhone del 1200 che funziona ancora perfettamente.
Gli altari riccamente decorati dimostrano che, anche in Montenegro, quando si trattava di onorare il Signore, non si badava a spese. L’oro luccica ancora dopo secoli, e ti fa pensare che forse l’investimento in arte sacra fosse il Bitcoin del Medioevo – sempre in crescita di valore.
La Chiesa Ortodossa Serba ha mantenuto questo luogo con una cura che farebbe invidia a qualsiasi museo moderno. I manoscritti antichi conservati qui testimoniano un’epoca in cui copiare un libro era un atto di fede, non una violazione del copyright.
Informazioni per la visita e festività religiose
Le informazioni pratiche per visitare la Chiesa di San Pietro sono, fortunatamente, più semplici di quanto ci si aspetterebbe da un edificio del IX secolo. Gli orari delle messe sono domenica alle 8:00 e alle 10:00, e nei giorni feriali alle 18:00 d’estate e alle 17:00 d’inverno. Se non siete praticanti ma volete comunque vedere l’interno, la chiesa è visitabile liberamente dalle 9:00 alle 18:00 in estate e dalle 9:00 alle 16:00 in inverno.
Per quanto riguarda l’accessibilità, la chiesa è sorprendentemente accogliente. L’accesso principale è pianeggiante – un miracolo dell’ingegneria medievale che evidentemente aveva già capito l’importanza dell’accesso universale. C’è anche una rampa laterale per carrozzine, aggiunta in tempi più recenti ma integrata con tale discrezione che sembra sia sempre stata lì.
La festività di San Pietro del 29 giugno è l’evento dell’anno a Risan. Immaginate una festa di paese italiana, trasferitela in Montenegro, aggiungete processioni ortodossse e musica sacra che riecheggia tra le montagne, e avrete un’idea di cosa vi aspetta. I locali si preparano per mesi, e l’atmosfera è così coinvolgente che anche i turisti più laici si ritrovano a cantare inni in cirillico senza sapere come sia successo.
Se viaggiate con bambini, portateli pure. I piccoli visitatori sono sempre benvenuti, e durante le visite guidate gratuite (disponibilità variabile, dipende dalla presenza dei volontari della parrocchia) possono imparare storie sulla vita di San Pietro che non troveranno in nessun libro di scuola. C’è qualcosa di magico nel vedere un bambino scoprire che anche duemila anni fa c’erano persone che credevano nelle stesse cose in cui crede la sua nonna.
Il parcheggio gratuito si trova a 100 metri dalla chiesa, lungo la strada principale di Risan. In un paese dove il parcheggio gratuito è raro come un giorno senza turisti a Dubrovnik, questo è un altro piccolo miracolo di cui essere grati.
Mosaici Romani, l’arte sotterranea di Risan
È una cosa strana, quando ci pensi. Per millenni, la gente di Risan ha camminato sopra alcuni dei mosaici più spettacolari d’Europa senza avere la più pallida idea di quello che stava calpestando. È un po’ come scoprire che sotto il vostro garage c’è la Cappella Sistina, solo che invece di Michelangelo avete artisti romani del III secolo che evidentemente avevano molto tempo libero e un’ossessione per le tessere colorate.
I mosaici romani di Risan sono stati scoperti in quel modo tipicamente casuale che caratterizza le migliori scoperte archeologiche: qualcuno stava scavando per tutt’altro motivo – probabilmente per piantare pomodori o installare una fossa settica – e invece ha trovato quello che oggi è considerato uno dei migliori esempi di opus tessellatum in Europa. Immagino la faccia del povero operaio: “Eh, capo, qui c’è un problemino…”
La cosa che mi affascina di più è che questi mosaici sono rimasti lì sotto, pazienti come bibliotecari in pensione, aspettando che qualcuno finalmente si accorgesse di loro. E quando finalmente li hanno portati alla luce, erano ancora così perfetti che sembravano appena terminati da un mosaicista particolarmente pignolo con problemi di gestione del tempo.
Museo Archeologico e scene mitologiche
Il Museo Archeologico di Risan è uno di quei posti che ti fanno capire perché l’umanità ha inventato l’aria condizionata. Non solo perché fa caldo d’estate – cosa comprensibile quando hai a che fare con tesori che hanno duemila anni e sono un po’ permalosi riguardo al clima – ma perché l’atmosfera controllata permette a questi capolavori di conservarsi per altri duemila anni. È una specie di criogenia per l’arte antica.
Le tesserae che compongono questi mosaici sono piccole come confetti ma precise come un orologio svizzero. Ogni singola tessera è stata posizionata da mani che probabilmente appartenevano a artisti che si consideravano operai specializzati, non sapendo che stavano creando opere che avrebbero fatto impazzire i professori d’arte del XXI secolo. È umiliante, in un certo senso, pensare che oggi ci glorifiamo per aver assemblato correttamente un mobile IKEA.
Le scene mitologiche dedicate a Nettuno e Poseidone non sono solo belle – sono praticamente Netflix in versione tessellata. C’è drama, c’è azione, ci sono creature marine che sembrano uscite da un film di Guillermo del Toro, solo che sono state create duemila anni prima che qualcuno inventasse il cinema. I mosaicisti romani avevano chiaramente capito qualcosa sui racconti visivi che noi stiamo ancora cercando di imparare.
Le decorazioni geometriche sono ipnotiche in un modo che ti fa capire perché la matematica era considerata una forma d’arte divina. Questi patterns non sono solo belli – sono matematicamente perfetti in un modo che fa venire le vertigini. È come guardare l’universo attraverso un caleidoscopio progettato da Pitagora.
La mitologia greca reinterpretata dai Romani prende vita in questi mosaici con una vividezza che ti fa dimenticare che stai guardando piccoli pezzi di pietra incollati insieme. Le scene di vita marina sembrano muoversi quando le guardi con la coda dell’occhio, e giuro che una volta ho visto un delfino mosaicato fare l’occhiolino. Forse era il caldo, forse era la magia del posto.
Biglietti e visite guidate al sito
Ora, parliamo di soldi, perché anche i mosaici romani devono pagare l’affitto. I biglietti per i mosaici romani costano €4 per gli adulti – più o meno quello che spendereste per un caffè in aeroporto, ma con un’esperienza leggermente più memorabile. Gli studenti e gli over 65 pagano €2, i bambini dai 6 ai 15 anni €1, e sotto i 6 anni gratis, presumibilmente perché i mosaici capiscono che i bambini piccoli sono più interessati a toccare tutto che ad apprezzare l’arte tessellata.
C’è anche un biglietto cumulativo Villa Romana + Mosaici a €6, che è praticamente un affare del secolo se considerate che state comprando l’accesso a duemila anni di storia per meno di quello che costa un panino in autostrada.
Gli orari del Museo Archeologico seguono la logica stagionale che caratterizza tutta la regione mediterranea: da giugno a settembre è aperto dalle 9:00 alle 20:00 tutti i giorni (evidentemente anche i mosaici amano le lunghe giornate estive), mentre da ottobre a maggio chiude alle 17:00 ed è chiuso il lunedì, dando al personale il tempo di riprendersi dall’intenso lavoro di sorvegliare tessere romane.
Le visite guidate sono disponibili ogni ora dalle 10:00 alle 16:00 per €8 aggiuntivi, e sono condotte da guide che sanno più cose sui mosaici romani di quanto Google sappia su di voi. Queste persone possono spiegarvi non solo cosa state guardando, ma perché quella particolare tessera blu rappresenta la divinità del mare e non, come avevo inizialmente pensato, il tentativo di un mosaicista di riparare un buco nel pavimento.
La durata consigliata della visita è 30-45 minuti, che è il tempo perfetto per apprezzare l’arte senza sviluppare quello che io chiamo “collo da museo” – quella condizione dolorosa che si sviluppa dopo aver guardato troppi capolavori con angolazioni impossibili.
Chiesa di San Teodoro, il lato spirituale della città nel centro storico
Ci sono momenti nella vita in cui vi imbattete in qualcosa di così inaspettatamente perfetto che vi fermate di colpo e pensate: “Come diavolo è possibile che esista una cosa del genere e io non ne sapessi niente?” La Chiesa di San Teodoro a Risan è esattamente una di quelle scoperte. Incastonata nel centro storico come un gioiello dimenticato in fondo a un cassetto, questa piccola chiesa del IX secolo ha quella qualità rara di farvi sentire come se foste i primi a scoprirla, anche se ovviamente non è così.
La cosa buffa è che San Teodoro si trova letteralmente in mezzo al traffico quotidiano di Risan – gente che va a comprare il pane, bambini che corrono verso la scuola, turisti che cercano disperatamente un caffè decente – eppure riesce a mantenere un’atmosfera di quiete contemplativa che vi fa dimenticare che là fuori esiste un mondo con clacson e smartphone. È come se avesse sviluppato una specie di campo di forza spirituale dopo mille anni di pratica.
E poi c’è la questione del nome. San Teodoro, per chi come me ha sempre confuso i santi ortodossi, era un martire del IV secolo che evidentemente aveva opinioni molto ferme su questioni teologiche complesse. Non so voi, ma trovo sempre affascinante come queste persone del passato fossero disposte a morire per principi che io fatico a spiegare anche dopo aver letto Wikipedia.
Icone e manoscritti antichi
Entrare nella Chiesa di San Teodoro è un po’ come aprire un libro di storia dell’arte che qualcuno ha dimenticato di aggiornare da circa ottocento anni. Le icone che decorano l’interno non sono semplici dipinti – sono finestre su un mondo dove l’arte sacra era l’equivalente medievale del cinema in 3D, progettata per trasportarvi direttamente nel regno del divino senza bisogno di biglietti costosi o popcorn.
Queste icone seguono la tradizione dell’arte paleobizantina con una fedeltà che farebbe invidia a qualsiasi purista. Ogni volto, ogni gesto, ogni piega delle vesti è codificata secondo regole precise che risalgono al Patriarcato di Costantinopoli. È come guardare il risultato di un manuale di istruzioni spirituali così dettagliato che rende i manuali IKEA dei capolavori di semplicità.
I manoscritti antichi conservati nella chiesa sono scritti in cirillico con una calligrafia che vi fa capire perché la scrittura era considerata una forma d’arte. Questi monaci medievali evidentemente non avevano fretta – ogni lettera è formata con la cura di chi sa che quello che sta scrivendo dovrà durare per i secoli a venire. Fa venire un po’ di vergogna pensare ai nostri messaggi WhatsApp pieni di emoji e abbreviazioni incomprensibili.
La cosa che mi colpisce di più è l’iconostasi dorata, quella parete decorata che separa l’area dove possono andare tutti dall’area riservata al clero. È ricoperta di oro vero – non quella robaccia color oro che vendono nei negozi di souvenir – e anche dopo secoli continua a brillare con una luce che sembra avere vita propria. Evidentemente, quando si trattava di onorare il Signore, i costruttori della chiesa avevano deciso di non badare a spese.
Gli affreschi del periodo medievale raffigurano San Teodoro martire con quella espressione serena ma determinata tipica dei santi che sanno di aver fatto la scelta giusta, anche se costa cara. C’è qualcosa di profondamente rassicurante in quei volti dipinti – come se stessero dicendo: “Tranquilli, abbiamo già passato la parte difficile per voi.”
Come visitare la chiesa ortodossa
Ora, visitare una chiesa ortodossa quando non siete ortodossi (o quando, come me, avete una conoscenza della teologia ortodossa che si limita a “è diversa da quella cattolica ma non so bene come”) può sembrare un po’ intimidatorio. La buona notizia è che la Chiesa di San Teodoro accoglie i visitatori con quella gentilezza tipicamente montenegrina che vi fa sentire come vecchi amici di famiglia.
Gli orari per le visite turistiche sono dalle 9:00 alle 18:00 d’estate e dalle 10:00 alle 16:00 d’inverno. Le funzioni religiose si tengono la domenica alle 10:00 e nei giorni feriali alle 18:00, e se capitate durante una messa vi consiglio di restare almeno per qualche minuto. I canti ortodossi hanno una qualità ipnotica che vi farà dimenticare che esistono cose come il traffico e le notifiche del telefono.
La storia della Chiesa Teodoro è raccontata da guide volontarie della parrocchia che parlano un italiano sorprendentemente buono e hanno quella passione contagiosa di chi conosce ogni singola pietra dell’edificio. La loro disponibilità è variabile – non sono impiegati a tempo pieno, hanno una vita normale come tutti noi – ma quando ci sono, vi racconteranno storie sulla chiesa che non troverete in nessuna guida turistica.
Per quanto riguarda l’accessibilità, la chiesa ha fatto quello che poteva per adattarsi ai tempi moderni. L’ingresso principale ha due gradini – evidentemente nel IX secolo l’accessibilità universale non era ancora stata inventata – ma c’è un accesso laterale per carrozzine che è stato aggiunto con tale discrezione da sembrare parte del progetto originale.
L’interno è completamente pianeggiante, il che significa che una volta dentro potete muovervi liberamente. C’è anche una collezione di rotocalchi che spiegano l’iconografia ortodossa in termini comprensibili anche a chi, come il sottoscritto, pensava che un’iconostasi fosse un tipo di pasta.
Torre dell’Orologio: panorami dal centro storico
C’è qualcosa di profondamente soddisfacente nelle torri dell’orologio medievali che va ben oltre la loro funzione pratica di dire l’ora. Forse è il fatto che rappresentano l’ambizione umana di controllare il tempo – cosa che, a giudicare dal mio rapporto con le sveglie mattutine, è ancora largamente un fallimento. O forse è semplicemente che offrono la scusa perfetta per salire in alto e guardare il mondo dall’alto, fingendo di essere interessati all’architettura del XVI secolo quando in realtà state solo cercando di capire se la vostra auto è ancora dove l’avete parcheggiata.
La Torre dell’Orologio di Risan ha quella qualità particolare delle costruzioni veneziane che ti fa capire immediatamente chi comandava qui cinque secoli fa. I veneziani, va detto, avevano un talento particolare per costruire cose belle che duravano nel tempo – probabilmente perché sapevano che se avessi costruito qualcosa di scadente in una città come Venezia, l’avrebbero notato tutti e ti avrebbero preso in giro per generazioni.
La cosa divertente è che questa torre fu costruita durante il periodo di massimo splendore della Repubblica di Venezia, quando evidentemente decidere l’ora era considerato un atto politico importante quanto controllare le rotte commerciali. Non che fosse un’idea sbagliata: anche oggi, chiunque abbia mai aspettato un autobus sa che controllare il tempo è una forma di potere.
Vista sulla Baia di Kotor e mostre interattive
Dalla cima della Torre dell’Orologio si gode di quella che può essere tranquillamente definita una vista panoramica che giustifica da sola il viaggio a Risan. È il tipo di panorama che ti fa capire perché la gente del Rinascimento era così ossessionata dall’idea di prospettiva – quando guardi la Baia di Kotor dall’alto, tutto sembra disporsi in quella composizione perfetta che i pittori passavano anni a cercare di ricreare su tela.
Le Bocche di Cattaro si estendono davanti a voi come un fiordo mediterraneo che ha deciso di prendersi una vacanza in Montenegro. Le montagne che circondano la baia creano quella sensazione di essere in un anfiteatro naturale progettato da qualcuno con un senso estetico impeccabile e un budget illimitato. È il tipo di vista che vi fa tirare fuori automaticamente il telefono per fare una foto, per poi rendervi conto che nessuna foto potrà mai catturare quella sensazione di vastità e intimità allo stesso tempo.
All’interno della torre, le mostre interattive raccontano la storia di Risan e della regione con quella passione educativa tipicamente balcanica che riesce a rendere interessante anche la storia delle tasse veneziane del XVII secolo. Ci sono pannelli informativi che spiegano come funzionava l’orologio originale – un meccanismo che evidentemente richiedeva più manutenzione di una Ferrari d’epoca ma era considerato il massimo della tecnologia dell’epoca.
Le tradizioni locali prendono vita attraverso display che mostrano come si viveva a Risan quando la torre era nuova di zecca. È affascinante scoprire che anche cinquecento anni fa la gente si lamentava del traffico (nel loro caso, carri che bloccavano le strade strette) e dei turisti (mercanti veneziani che facevano troppo rumore nelle locande).
La cosa che più mi ha colpito è una ricostruzione del meccanismo originale dell’orologio, che dimostra quanto fosse complicato dire l’ora prima che qualcuno inventasse i quarzi digitali. Quegli orologiai veneziani erano evidentemente persone molto pazienti con una tolleranza per la precisione che fa sembrare gli ingegneri svizzeri dei dilettanti rilassati.
Salita alla torre: orari e prezzo ingresso
Ora, parliamo della parte pratica, perché salire su una torre medievale richiede un minimo di pianificazione, soprattutto se, come me, la vostra idea di esercizio fisico si limita generalmente a premere i pulsanti del telecomando con particolare vigore.
I biglietti per la Torre dell’Orologio costano €5 per gli adulti, che è ragionevole considerando che state comprando l’accesso a una delle migliori viste del Montenegro e a cinquecento anni di storia. I bambini sotto i 12 anni pagano €2, mentre quelli sotto i 6 entrano gratis, presumibilmente perché si assume che non apprezzeranno appieno la complessità dell’ingegneria medievale e saranno più interessati a contare i gradini ad alta voce.
Gli orari di apertura seguono la logica stagionale che caratterizza tutto il Mediterraneo: da maggio a settembre la torre è aperta dalle 9:00 alle 20:00 tutti i giorni, mentre da ottobre ad aprile chiude alle 17:00 ed è chiusa il lunedì. Evidentemente anche le torri dell’orologio hanno bisogno di un giorno di riposo per riprendersi dal lavoro di mostrare il tempo alla gente.
La salita alla torre comporta circa 87 gradini – sì, qualcuno li ha contati, e no, non sono stato io. Questi gradini sono quelli originali del XVI secolo, il che significa che sono stati levigati da cinque secoli di piedi e hanno quella forma leggermente irregolare che vi farà apprezzare l’invenzione degli ascensori. Se avete problemi di mobilità, c’è un piccolo ascensore che raggiunge il primo piano, ma per arrivare in cima dovrete fare affidamento sui vostri piedi e sulla vostra determinazione.
Palazzo Grgurin – Museo Etnografico e architettura barocca
C’è qualcosa di deliziosamente ironico nel fatto che per capire come viveva la gente comune del Montenegro del XVIII secolo, dovete andare a visitare la casa di una delle famiglie più ricche della zona. È un po’ come cercare di capire la vita quotidiana americana visitando la Casa Bianca, ma per fortuna il Palazzo Grgurin ha il buon senso di mostrarvi anche come vivevano tutti gli altri, non solo chi aveva abbastanza soldi da permettersi pavimenti di marmo e giardini curati da giardinieri professionali.
Il palazzo fu costruito dalla famiglia Grgurin nel XVIII secolo, quando evidentemente avere un palazzo barocco con giardino era considerato il minimo indispensabile per qualsiasi famiglia aristocratica montenegrina che si rispettasse. Immagino che all’epoca, se non avevi almeno un paio di saloni con soffitti affrescati e una serra per le piante esotiche, i vicini ti guardavano con quella pietà riservata a chi si presenta a una festa in smoking quando tutti gli altri indossano frac.
La cosa affascinante del Palazzo Grgurin è che oggi ospita il Museo Etnografico di Risan, il che significa che questa dimora aristocratica è diventata una specie di democratica finestra sulla vita di tutti. È come se la famiglia Grgurin avesse deciso postumamente di aprire le porte ai plebei e dire: “Ecco, guardate come vivevamo noi, ma anche come vivevano tutti gli altri. Era complicato per tutti, solo che noi avevamo tappeti più belli.”
Collezioni tradizionali e giardino storico
Entrare nel Museo Etnografico del Palazzo Grgurin è un’esperienza che ti fa capire immediatamente quanto fossero complicate le cose prima che qualcuno inventasse i centri commerciali e Amazon. Le collezioni tradizionali mostrano una varietà di oggetti della vita quotidiana che ti fa apprezzare profondamente la semplicità della vita moderna. Preparare il caffè, per esempio, richiedeva almeno sei utensili diversi e la pazienza di un monaco zen.
I costumi tradizionali esposti sono di una bellezza che ti fa capire perché la gente del passato impiegava tre ore per vestirsi per andare in chiesa. Ogni ricamo, ogni bottone, ogni piega era carica di significato sociale, geografico e spesso anche matrimoniale. Era come indossare il proprio curriculum vitae, solo molto più colorato e con molti più pizzi.
Gli utensili domestici e gli strumenti agricoli raccontano la storia di una società che doveva essere incredibilmente ingegnosa per sopravvivere. C’erano arnesi specifici per ogni tipo di attività – dalla lavorazione del latte alla tessitura della lana – che dimostrano quanto fosse specializzata la vita domestica anche nei piccoli villaggi montenegrini. È umiliante pensare che io ho difficoltà a usare correttamente un apribottiglie.
Il folklore locale prende vita attraverso una collezione di strumenti musicali tradizionali che sembrano usciti da un’orchestra di fate montanare. Ci sono piccoli violini decorati con intarsi così delicati che ti chiedi come facessero quei musicisti di montagna a suonare senza aver paura di rompere qualcosa. E poi ci sono tamburi che sembrano progettati non solo per fare musica, ma anche per ipnotizzare gli ascoltatori fino a farli ballare involontariamente.
Il giardino storico del palazzo merita una menzione speciale. Non è uno di quei giardini geometrici che sembrano progettati da qualcuno con un disturbo ossessivo-compulsivo, ma un perfetto esempio di come l’aristocrazia montenegrina interpretava l’arte del paesaggio. Ci sono alberi secolari che hanno visto passare più generazioni di quanto io riesca a tenere a mente, e piante esotiche che evidentemente qualche Grgurina particolarmente avventuroso aveva importato dai suoi viaggi.
La cosa che più mi colpisce è come il giardino sia stato progettato per essere bello in ogni stagione. Evidentemente chi l’ha progettato aveva capito che la nobiltà montenegrina doveva guardare fuori dalla finestra tutto l’anno, non solo nei tre mesi di primavera, e meritava qualcosa di bello da vedere anche durante i lunghi inverni adriatici.
Orari museo e visite con bambini
Gli orari del Museo Etnografico seguono quella logica mediterranea che ho imparato ad apprezzare durante i miei viaggi nei Balcani: si lavora quando c’è luce e clienti, si riposa quando serve. Da maggio a settembre il museo è aperto dalle 9:00 alle 19:00 tutti i giorni, mentre da ottobre ad aprile chiude alle 16:00 ed è chiuso il lunedì. È come se anche i musei etnografici avessero bisogno di un giorno per riprendersi dall’intenso lavoro di mostrare alla gente come si viveva duecento anni fa.
I biglietti per il Palazzo Grgurina costano €4 per gli adulti, che è più o meno quello che spendereste per un caffè in una città europea qualsiasi, ma con il vantaggio aggiuntivo di imparare qualcosa sull’artigianato locale montenegrino. I bambini sotto i 12 anni pagano €2, mentre quelli sotto i 6 entrano gratis, probabilmente perché si presume che siano più interessati a toccare tutto piuttosto che ad apprezzare la complessità della tessitura tradizionale.
Le visite guidate del palazzo sono disponibili in italiano su prenotazione per €6 aggiuntivi, e sono condotte da guide che conoscono non solo la storia ufficiale della famiglia Grgurin, ma anche tutti quei pettegolezzi aristocratici che rendono la storia molto più interessante. Scoprirete, per esempio, che il settimo conte Grgurin aveva la passione per l’orticoltura e una volta litigò violentemente con il vicino per una questione di confini del roseto. La storia, evidentemente, è fatta anche di queste piccole rivalità domestiche.
Il palazzo è ragionevolmente accessibile, anche se bisogna tenere conto che fu costruito nel XVIII secolo, quando l’accessibilità universale non era ancora stata inventata. Il piano terra è completamente accessibile alle carrozzine, ma per visitare le stanze al primo piano – dove si trovano le collezioni più belle – dovrete fare affidamento sulle vostre gambe e su una scala di legno che scricchiola in modo rassicurante sotto i piedi.
Per le visite con bambini, il Palazzo Grgurina ha sviluppato un approccio particolarmente intelligente: invece di limitarsi a dire “non toccare”, hanno creato delle collezioni interattive dove i bambini possono effettivamente maneggiare riproduzioni degli utensili tradizionali. È straordinario vedere un bambino di otto anni che cerca di capire come funzionava un telaio per tessere, con quella concentrazione assoluta che i bambini riservano alle cose veramente complicate.
Il parcheggio è disponibile nel cortile del palazzo – un lusso raro nei centri storici – ed è gratuito per i visitatori del museo. È uno di quei piccoli vantaggi che vi fanno apprezzare il fatto di visitare attrazioni turistiche in Montenegro piuttosto che, diciamo, nel centro di Roma, dove parcheggiare costa più dell’ingresso al Colosseo.
Spiaggia di Risan: relax nella baia di Kotor
C’è qualcosa di magicamente consolante nelle piccole spiagge che non hanno mai sentito parlare di influencer o beach club. La Spiaggia di Risan ha quella rara qualità di farvi sentire come se aveste scoperto un segreto che il resto del mondo turistico ha inspiegabilmente ignorato.
Dalla sabbia, la baia di Kotor assume una dimensione completamente diversa. Le montagne sembrano fare la guardia a questo angolo di Adriatico con la serietà di buttafuori molto ben vestiti, mentre l’acqua ha quella trasparenza che vi fa dubitare delle vostre capacità di giudizio della profondità.
Sport acquatici e servizi balneari
Il noleggio kayak costa €15 per mezza giornata, che è ragionevole considerando che state comprando l’accesso a uno dei panorami più belli d’Europa. Pagaiare qui vi fa sentire esploratori, anche se state solo girando in tondo a cinquanta metri dalla riva.
I pedalò (€10 l’ora) sono il mio mezzo preferito – non è veloce, non è elegante, ma è sorprendentemente divertente. È l’equivalente acquatico di una golf cart.
Le sdraio e ombrelloni costano €8 al giorno e includono un tavolino dove appoggiare il libro che fingerete di leggere mentre guardate l’acqua. L’acqua raggiunge i perfetti 25°C in estate, rimanendo piacevole da maggio a ottobre.
Parcheggio, accessibilità e ristoranti
Il parcheggio è gratuito a cinquanta metri dalla spiaggia. Gratuito. Nel 2025. Su una spiaggia con vista sulla baia di Kotor. A volte mi chiedo se i montenegrini abbiano capito qualcosa sull’ospitalità che il resto del mondo ha dimenticato.
C’è una passerella stabile dal parcheggio alla spiaggia e servizi accessibili. Il ristorante sulla spiaggia serve probabilmente la migliore frittura di pesce del Montenegro, con porzioni generose e prezzi che vi faranno dubitare di aver letto bene il menu.
La gelateria locale merita una menzione speciale: gestita da una famiglia che ha dedicato la vita a perfezionare gelati artigianali con sapori dalla lavanda al miele di montagna.
Baia di Kotor: patrimonio UNESCO ed escursioni
Ogni tanto mi chiedo se l’UNESCO abbia delle persone il cui unico lavoro è girare il mondo per trovare posti così belli da far venire il mal di testa solo a guardarli. Se è così, chiunque abbia “scoperto” la Baia di Kotor merita una promozione immediata e possibilmente una statua.
Perché vedete, la Baia di Kotor non è semplicemente bella – è bella in quel modo che vi fa dimenticare cosa stavate dicendo a metà frase. È tecnicamente un fiordo, anche se si trova nel Mediterraneo, il che è un po’ come trovare un pinguino in Toscana: geograficamente confuso ma indiscutibilmente affascinante.
Parco Nazionale Lovćen e natura incontaminata
Il Parco Nazionale Lovćen si erge dietro Risan come una versione montenegrina delle Alpi, solo che nessuno vi dirà mai di indossare scarpe specifiche o di seguire sentieri numerati con la precisione militare svizzera. È natura incontaminata nel senso più puro del termine – il tipo di posto dove gli alberi crescono dove vogliono e gli animali selvatici non hanno ancora imparato ad avere paura dei turisti con i bastoncini da trekking.
La vetta del monte Lovćen offre panorami che vi faranno capire perché i poeti romantici erano così ossessionati dalle “vedute sublimi”. Da lassù, l’intera Baia di Kotor si stende davanti a voi come una mappa tridimensionale progettata da qualcuno con un talento particolare per la composizione scenica.
Tour e trekking nella baia
I tour in barca partono ogni ora dal porto di Risan (€25 per adulti, €15 bambini) e vi porteranno in giro per la baia con quella velocità rilassata che caratterizza tutto il Montenegro. È il tipo di esperienza che vi fa apprezzare il concetto di “tempo montenegrino” – ovvero, le cose succedono quando devono succedere, non quando l’orologio dice che dovrebbero.
Per il trekking, ci sono sentieri che vanno dalla passeggiata digestiva al “perché mai ho pensato che fosse una buona idea?”. Il sentiero per Lovćen richiede circa 3 ore e un livello di forma fisica che io generosamente definisco “ottimistico”, ma la vista vale ogni singolo passo sudato.
Perast – gita nella Venezia del Montenegro
C’è qualcosa di deliziosamente pretenzioso nel chiamare Perast “la Venezia del Montenegro”. È un po’ come dire che il vostro gatto assomiglia a una tigre – tecnicamente vero ma che manca completamente il punto. Perast non ha bisogno di assomigliare a Venezia per essere straordinaria. È straordinaria da sola, grazie mille.
La cosa che mi colpisce sempre di Perast è come riesca a sembrare così importante pur essendo fondamentalmente un villaggio di pescatori che ha avuto una giornata particolarmente fortunata con l’architetto. I palazzi che si affacciano sul mare hanno quella sicurezza di sé tipica degli edifici che sanno di essere belli – come persone attraenti che non hanno mai dubitato del proprio fascino.
Palazzi barocco veneziano ed isola di Gospa od Škrpjela
I palazzi barocco veneziano di Perast sono disposti lungo il lungomare con la precisione di una cartolina, il che mi fa sempre sospettare che qualcuno nel XVIII secolo avesse già capito l’importanza del turismo. Ogni palazzo sembra progettato per essere fotografato, con quei balconi ornati che sporgono sull’acqua come se stessero facendo un inchino permanente al mare.
Il santuario di Nostra Signora delle Rocce si raggiunge con una barca che vi porterà su una piccola isola artificiale (isola di Gospa od Škrpjela) – sì, avete sentito bene, artificiale. Evidentemente nel XV secolo qualcuno ha pensato: “Sapete cosa manca a questa baia perfetta? Un’isola con una chiesa.” E così hanno costruito un’isola da zero, buttando sassi in mare per duecento anni finché non hanno avuto abbastanza terra per una chiesa. È il tipo di determinazione religiosa che fa sembrare la costruzione delle cattedrali gotiche un progetto del weekend.
Come arrivare e battello per le isole
Da Risan a Perast sono esattamente 4 chilometri di strada costiera che vi faranno capire perché la gente sceglie di vivere in Montenegro e poi non riesce più ad andarsene. Il viaggio in auto dura 8 minuti se rispettate i limiti di velocità, 45 minuti se, come me, vi fermate ogni duecento metri per fare foto.
I battelli per le isole partono ogni 30 minuti dal porto di Perast (€5 andata e ritorno). Il biglietto include la visita alla Madonna dello Scalpello e a San Giorgio, più il piacere di navigare in acque così trasparenti che sembrano vetro liquido.
Stazione di Njegusi, un patrimonio ferroviario storico
C’è qualcosa di profondamente romantico nelle stazioni ferroviarie abbandonate che va ben oltre la nostalgia per i viaggi in treno. Forse è l’idea che questi luoghi un tempo pulsavano di vita – gente che partiva per avventure, che tornava a casa, che si salutava con lacrime agli occhi o si ritrovava con abbracci che duravano troppo poco. La Stazione di Njegusi ha quella qualità particolare dei luoghi che hanno visto passare la Storia con la S maiuscola, rimanendo in piedi a raccontarla a chiunque abbia la pazienza di ascoltare.
Quando ho visitato per la prima volta questa stazione, mi sono chiesto perché qualcuno nel 1901 avesse deciso di costruire una fermata ferroviaria in quello che allora doveva essere il mezzo del nulla montenegrino. Poi ho capito: non era il nulla, era il centro del mondo per chi viveva lì. È una di quelle lezioni di umiltà geografica che i viaggi ti insegnano continuamente.
Architettura neoclassica e linea Belgrado-Bar
L’architettura neoclassica della stazione ha quella solidità autoritaria tipica dell’ingegneria austro-ungarica – costruita per durare mille anni e resistere a tutto, dalle guerre mondiali ai turisti con zaini troppo pesanti. Gli architetti del 1901 evidentemente credevano che una stazione ferroviaria dovesse sembrare un piccolo palazzo, non una sala d’attesa con i distributori di merendine.
I dettagli in stile liberty che decorano la facciata dimostrano che anche nel Montenegro rurale di inizio Novecento qualcuno aveva deciso che la bellezza era importante quanto la funzionalità. È il tipo di attenzione estetica che fa sembrare le nostre moderne stazioni ferroviarie dei parcheggi coperti particolarmente deprimenti.
La linea Belgrado-Bar era, quando fu completata, un miracolo dell’ingegneria ferroviaria che collegava il cuore dei Balcani al mare Adriatico. Pensate: nel 1901 potevate salire su un treno a Belgrado e arrivare fino alla costa montenegrina, attraversando montagne, valli e almeno tre diversi sistemi politici. Era l’equivalente ottocentesco di un volo low-cost, solo con più carbone e panorami migliori.
Treni turistici e storia della ferrovia
Oggi la stazione ospita un piccolo museo che racconta la storia delle Ferrovie Jugoslave con quella passione enciclopedica tipica dei cultori delle ferrovie. Scoprirete che costruire una ferrovia attraverso le montagne montenegrine richiese l’inventiva di ingeneri che evidentemente non avevano mai sentito la parola “impossibile” e la pazienza di operai che dovevano essere motivati da qualcosa di più forte del semplice stipendio.
I treni turistici che ancora transitano sulla linea offrono uno dei viaggi ferroviari più spettacolari d’Europa. Il tragitto da Podgorica a Bar attraversa 254 tunnel e 435 ponti – numeri che danno l’idea della complessità ingegneristica coinvolta e della quantità di dinamite necessaria per convincere le montagne montenegrine a farsi attraversare da un treno.
La cosa che più mi affascina è che molti di questi tunnel e ponti sono ancora quelli originali del 1901, il che significa che ogni volta che un treno passa, sta utilizzando l’ingegneria di persone che lavoravano con strumenti che oggi trovereste in un museo. È come guidare su strade romane, solo che funzionano ancora perfettamente e nessuno si lamenta delle buche.